Integratori alimentari per capelli
Le cellule del follicolo pilifero sono dotate di un elevato turnover. Una privazione calorica o una vera e propria carenza di proteine, aminoacidi, grassi essenziali e vitamine, causati da difetti...
La dermatite seborroica è una patologia eritemato-desquamativa delle aree seborroiche ad andamento cronico recidivante, tipica dell’età adulta (18-50 anni), ma di frequente riscontro anche nell’età infantile, soprattutto nei primi mesi di vita. La prevalenza è maggiore nei soggetti di sesso maschile, nei pazienti HIV+, negli immunodepressi, nei pazienti psichiatrici cronici e nei pazienti con malattie neurologiche (morbo di Parkinson). In generale ne è affetto dal 2 al 5% della popolazione adulta. Non essendo stata ancora definita con esattezza la sua eziologia, l’approccio al suo trattamento è multi-terapeutico variando a seconda dell’entità e dell’estensione.
Nel 1886 Unna descrisse tale condizione e la definì “eczema seborroico”. Successivamente fu definita pitirosporosi dal ruolo cardine che si attribuiva alla flora pitirosporosica nella sua eziopatogenesi. La definizione di “dermatite seborroica” è attualmente quella in uso.
Inizialmente si pensava che l’unica responsabile fosse un’aumentata secrezione sebacea nelle aree affette, ma in seguito Gloor ha dimostrato che nella dermatite seborroica i lipidi cutanei di superficie non sono aumentati, ma presentano un’alterata composizione caratterizzata da aumento del colesterolo, dei trigliceridi e della paraffina e da diminuzione dei livelli di squalene, acidi grassi liberi ed esteri della cera. Oggi si dà più importanza al ruolo svolto dalla Malassezia furfur (Pytirosporum ovale), lievito a forma globosa o ellissoidale che si è visto essere maggiormente presente nelle aree affette da dermatite seborroica rispetto alla cute sana. Il primo autore a ritenere che la desquamazione fosse causata da un lievito lipofilo fu Malassez. Guillot e Guého hanno riclassificato la Malassezia, sulla base di sofisticate indagini molecolari e biochimiche, in 7 generi che possono colonizzare la specie umana. La Malassezia presenta un corredo enzimatico in grado di metabolizzare i lipidi. Il pH ottimale per il sistema delle lipasi è 7,5. Questo sistema lipolitico viene indotto dal substrato e risente delle variazioni di pH. Valori di pH pari a 4,5 determinano infatti una inibizione della crescita della Malassezia pari a circa il 90%. Essa fa parte della normale flora cutanea ed ha la sua sede nello strato corneo e nella parte superiore del follicolo sebaceo (acrosiringio). Più di un genere di Malassezia è stato individuato nelle varie regioni corporee: la M. globosa, la M. restricta e la M. slooffiae sono localizzate prevalentemente a livello del cuoio capelluto, della fronte e del tronco; è stato sperimentalmente dimostrato che l’interazione fra le varie specie di Malassezia e i cheratinociti induce la liberazione di citochine quali IL-1β, IL-6, IL-8 e TNF-α ma non di MCP-1, un potente fattore di chemoattrazione per i monociti. Le citochine liberate dai cheratinociti presentano un profilo di secrezione dipendente dalla specie di Malassezia. Gioca a favore di questa ipotesi anche il fatto che si può osservare un significativo miglioramento della malattia con l’utilizzo di farmaci antimicotici. La patogenicità della Malassezia sembra essere determinata dal sottotipo piuttosto che dalla carica. Una reazione infiammatoria infatti può aver luogo anche in presenza di una carica normale di Malassezia. Numerosi studi sembrano aver individuato nella M. globosa e nella M. furfur gli agenti responsabili della dermatite seborroica. In considerazione del fatto che più specie di Malassezia possono essere identificate nello stesso campione e considerando la scarsa attitudine della M. furfur a stimolare la liberazione di citochine cheratinocitarie si potrebbe ritenere che questa sia un “contaminante occasionale”. Altri autori hanno isolato la M. globosa nella pityriasis versicolor e la M. restricta e sympodialis nella dermatite seborroica. È dotata di una complessa struttura antigenica che in soggetti predisposti è in grado di provocare una risposta immunologia, sia umorale (presenza di IgG, IgA, IgM ad alto titolo nella dermatite seborroica) che cellulo-mediata, che si manifesta clinicamente con una reazione infiammatoria (basata su criteri istomorfologici, ultrastrutturali ed immunoistochimici). Il reperto istomorfologico è costituito dalla spongiosi, esocitosi di linfociti nell’epidermide, infiltrato perivascolare costituito da linfociti e macrofagi. Un ruolo nella patogenesi della dermatite seborroica è attribuito anche ad altri fattori di natura biochimica, neuropsichica, ambientale, nutrizionale e metabolica. Il fattore biochimico si identifica nella documentazione recente di deficit plasmatici di vitamina E, acidi polinsaturi di fosfolipidi (PL-PUFA) e dell’attività glutatione-ossidasi eritrocitaria. Non bisogna sottovalutare tutti quei fattori come lo stress, la dieta (carenze nutrizionali, abuso di alcolici), le variazioni climatiche, l’utilizzo di particolari classi di farmaci (es. aloperidolo, cimetidina, fluorouracile, litio, interferone α, metildopa, saquinavir) e lo stimolo degli ormoni androgeni. Alla nascita le ghiandole sebacee sono attive solo fino a quando è presente lo stimolo degli androgeni trasmessi dalla madre, dopo diventano quiescenti. Non è presente nel bambino, in quanto inizia a colonizzare la cute verso i 5 anni e la colonizzazione diventa molto densa nel periodo puberale e post-puberale, in coincidenza con l’incremento della produzione di sebo provocata dagli androgeni. Nell’anziano la colonizzazione si riduce per la fisiologica riduzione che subisce la produzione di sebo. Si pone quindi il problema se il lievito provochi la dermatite direttamente, e cioè con la sua attività patogena, o indirettamente tramite un meccanismo immunologico. I fattori ambientali si identificano in quelle condizioni che turbano le caratteristiche biochimiche della superficie cutanea. È stato infatti documentato che all’occlusione della cute segue un aumento della perdita transepidermica di acqua e di CO², si attribuisce a questo evento, pertanto, il peggioramento clinico in autunno ed in inverno. Il fatto che la dermatite seborroica sia più frequente e severa nei pazienti con patologie neuropsichiatriche (morbo di Parkinson, siringomielia, malattie del midollo spinale, epilessia e con labilità emotiva, stato di ansia e di depressione) è stato spiegato con l’aumento del b-MSH e con la diminuzione del fattore inibente l’MSH (MIF). La terapia con L-dopa in questi pazienti migliora anche la dermatite seborroica in quanto si ripristina la produzione di MIF. L’oleosità cutanea è legata all’alterazione dell’attività delle ghiandole sebacee ed è dovuta al “suicidio cellulare”. Infatti, la cellula della ghiandola sebacea (olocrina, proprio per questa particolare modalità di secrezione) dopo una breve esistenza (circa 7 giorni) si disintegra e muore, liberando il suo contenuto nel condotto ghiandolare. Naturalmente le cellule continuano a riprodursi e questo impedisce la loro estinzione. Il sebo è una miscela di grassi e la sua composizione varia a seconda delle specie animali, non è facile apprezzarne la composizione perché quando arriva alla superficie cutanea si mescola subito a detriti cellulari, grassi di origine delle cellule epidermiche di sfaldamento e alla secrezione sudorale. Per studiarlo “puro” è necessario ricorrere a tecniche complesse talora su prelievi cutanei. L’untuosità cutanea varia col variare della densità delle ghiandole sebacee nelle diverse sedi (tronco e arti 5-10 μg di sebo per cm², mentre sulla fronte 150-300 μg per cm²). I grassi che si riscontrano sulla pelle sono formati da trigliceridi, acidi grassi liberi, esteri di cere, squalene e colesterolo. La composizione del sebo umano si differenzia da quella degli animali, probabilmente a causa della particolare flora batterica che colonizza la cute. I grassi del sebo sono anche modificati da enzimi che si trovano al livello della superficie cutanea, sia all’interno dei condotti escretori. La composizione del sebo può essere modificata da vari fattori, quali ormoni o farmaci (testosterone, estrogeni, ciproterone acetato, isotretonoina). Gli androgeni sono responsabili dello sviluppo e del mantenimento della secrezione sebacea sia nel maschio che nella femmina, quello che svolge un ruolo cardine appartiene alla famiglia del gruppo 17β-idrossilico (testosterone, 5α-diidrosterone, 5α-androstene-3β-17βdiolo) questi ormoni sono poi modificati da sistemi enzimatici presenti nelle ghiandole sebacee come la 5α-reduttasi, che modifica deboli ormoni androgeni in testosterone e diidrotestosterone attivi. Anche altri ormoni intervengono in varia misura nella secrezione sebacea (deidroepiandrosterone, ormoni adrenocorticotropi ed ipofisari, Δ4-androstenedione, progesterone ed estrogeni). Gli estrogeni hanno un potente effetto soppressivo sulla produzione sebacea e riducono anche il volume delle ghiandole. Sebbene stimoli ormonali siano alla base dell’iperseborrea, nella maggioranza dei casi non si riscontrano alterazioni endocrinologiche, in questi casi non c’è un eccesso di produzione di ormoni, ma un eccesso della loro ricezione a livello delle aree seborroiche. Anche le influenze psico-neuro-endocrine interferiscono con la secrezione sebacea ormono-modulata, infatti gli eventi stressanti innescano un maggior rilascio di ormoni cortico-surrenali che inducono un aumento delle mitosi delle ghiandole sebacee con conseguente incremento della secrezione sebacea. Gli androgeni non controllano solamente la secrezione quantitativa del sebo, ma influenzano anche la componente qualitativa regolandone le frazioni lipidiche (aumenta la percentuale di acidi grassi liberi e squalene ed ossido di squalene, mentre diminuisce notevolmente la quota di acido linoleico). Un’alterazione di questo meccanismo può determinare un’inadeguata separazione dei corneociti. Alterazioni della secrezione sebacea nell’uomo possono essere dovute a variabilità periferica nell’organo bersaglio o ad un aumento temporaneo nella produzione di DHT in risposta ad un aumento di attività della 5α-reduttasi. Nelle donne, invece, può essere dovuta ad un aumento deIl’attività della 5α-reduttasi, ad un aumentata produzione di ormoni androgeni in condizioni patologiche delle ovaie e dei surreni o ad anomalie del trasporto di androgeni, per alterazione della SHBG. La secrezione sebacea aumenta notevolmente dai 12-13 anni di vita fino ai 17-18 anni, momento in cui si raggiunge una fase di stato. La piena maturità della ghiandola viene successivamente raggiunta alla fine della seconda decade di vita o nei primi anni della terza decade. Fino ai 40 anni l’attività della ghiandola sebacea resta costante sia nel maschio che nella femmina, successivamente si osservano delle differenze: i livelli medi di produzione di sebo nella donna si riducono di circa il 40% nella sesta decade di vita, continuano a diminuire nella settima e restano costanti successivamente; nell’uomo, invece, non si rilevano cambiamenti fino all’ottava decade di vita. Il rapporto tra esteri della cera/colesterolo+esteri del colesterolo è basso nei bambini, aumenta considerevolmente nei giovani adulti e diminuisce notevolmente dopo la menopausa, rispecchiando l’andamento della sintesi di ormoni androgeni. I livelli di secrezione riscontrati nel maschio superano significativamente quelli misurati nella femmina in ciascuna fascia di età. Gloor ha dimostrato che nella dermatite seborroica i lipidi cutanei di superficie non sono aumentati ma presentano un’alterata composizione caratterizzata da: aumento di colesterolo, trigliceridi, paraffina e diminuzione in squalene, acidi grassi liberi, esteri della cera. L’acido linoleico viene trasformato, durante il processo di differenziamento, in ceramide che contribuisce a stabilizzare le strutture lamellari cheratinocitarie. La carenza di acidi grassi essenziali determina un’alterazione della composizione lipidica dell’epidermide, una diminuzione della funzione barriera ed insorgenza di desquamazione. Negli stati infiammatori la fosfolipasi A libera acido arachidonico dai fosfolipidi epidermici. Dalla via delle ciclossigenasi si liberano le prostaglandine E2 e F2α coinvolte nei processi infiammatori. I principali derivati della lipossigenasi, l’acido 12-idrossi-eicosa-tetroinoico (12-HETE) e l’acido 15-idrossi-eicosatetroinoico (15-HETE), hanno dimostrato rispettivamente attività antinfiammatoria e proinfiammatoria. Il leucotriene B4 (LTB4) possiede una potente azione chemiotattica sui neutrofili e può indurre proliferazione epidermica. I lipidi controllano la proliferazione dei cheratinociti tramite l’integrità della barriera, la sintesi di eicosanoidi e mediante il feedback della sfingosina libera prodotta a livello dello strato corneo. La sintesi lipidica nell’epidermide è anche controllata da un feedback regolato dallo stato di barriera di permeabilità (aumento della sintesi di lipidi dopo detersione con acetone).
La distribuzione delle lesioni è generalmente simmetrica. Può interessare il cuoio capelluto, il volto, il tronco e più raramente le pieghe. Al volto si osservano chiazze eritematose, a limiti netti, ricoperte da squame untuose e giallastre non aderenti alla cute. È colpita l’attaccatura dei capelli, la parte mediale della fronte, la regione sopraccigliare, le pieghe naso-geniene e, negli uomini, la regione della barba [figura 1].
Presenza di intenso eritema sormontato da fine desquamazione di colorito giallastro nelle aree seborroiche del volto
Talvolta, può essere interessata anche la regione oculare con blefarite, congiuntivite, cheratite e infiammazione delle ghiandole di Meibomio. A livello del cuoio capelluto la dermatite seborroica si manifesta con un’aumentata desquamazione su base più o meno eritematosa. A seconda del carattere secco o untuoso delle squame si distinguono due varianti: forfora secca che si presenta con squame bianche e di piccole dimensioni che possono rimanere aderenti al cuoio capelluto oppure distaccarsi e depositarsi su capelli e indumenti; forfora grassa con squame di aspetto più untuoso e di dimensioni più grandi. L’infiammazione è in questo caso più intensa e possono associarsi follicoliti. Se le lesioni interessano l’attaccatura dei capelli, la fronte e le regioni retro-auricolari si parla di “corona seborroica”[figura 2].
A livello della regione anteriore di attaccatura dei capelli, presenza di squame giallastre scarsamente adese alla cute sottostante eritematosa (“corona seborroica”)
Quadri clinici particolari sono: la dermatite seborroica dell’infanzia. Colpisce sia maschi che femmine tra la 2° settimana e il 3° mese di vita. L’eziopatogenesi non è ancora ben conosciuta, non sembra comunque legata all’iperreattività delle ghiandole sebacee così come non è influenzata dal tasso plasmatico degli androgeni, si manifesta spesso in concomitanza con psoriasi e dermatite atopica. Clinicamente può manifestarsi come crosta lattea con eventuale interessamento delle pieghe, dermatite da pannolino con eruzione psoriasiforme ed eritrodermia di Leiner. Il decorso è verso la risoluzione spontanea senza recidive quindi si utilizzano solo farmaci topici.
La diagnosi di dermatite seborroica è clinica, basata sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. In passato si valutava quantitativamente la secrezione sebacea, attraverso l’utilizzo di un Sebometro Sebumeter SM 810 che si avvale dell’uso di un nastro che assorbe il sebo (pelle magra <100 μg/cm², normale 100-200 μg/cm², grassa >200 μg/cm²), la valutazione della sensazione soggettiva del prurito (SSP) attraverso uno score a tre punti (0 = assente, 1 = lieve, 2 = moderata e 3 = grave), la presenza o meno di lieviti mediante terreni di coltura idonei, infine, si valuta il grado di desquamazione del cuoio capelluto. Attualmente l’attenzione è posta sulla composizione qualitativa del sebo, piuttosto che sulla sua maggiore o minore secrezione, a tale scopo può essere utilizzata la spettrometria di massa. Al cuoio capelluto la diagnosi differenziale va fatta con la psoriasi, le cui squame sono però più aderenti, secche e spesse, e la tinea capitis, dove le squame sono polistratificate all’interno di chiazze eritematose e alopeciche.
L’osservazione tricoscopica della dermatite seborroica è caratterizzata dalla presenza di un aspetto untuoso delle chiazze eritemato-desquamative prevalenti soprattutto nelle aree seborroiche. Le squame sono sottili di colorito giallastro e scarsamente adese tra di loro [figura 3].
Alla tricoscopia si apprezza la presenza di squame di colorito giallastro, di aspetto untuoso scarsamente adese che inglobano i capelli
In sede perifollicolare si apprezzano elementi vascolari puntiformi/raggomitolati con una marcata presenza di molteplici anse, relativamente diffuse, a forma arborizzata che vanno a configurare un aspetto reticolo-alveolare, caratteristico di questa patologia [figura 4].
Alla tricoscopia si apprezzano molteplici anse capillari di aspetto reticolo-alveolare a sede inter e peri-follicolare
Le conseguenze del cuoio capelluto affetto da dermatite seborroica e iperseborrea sono diverse: oltre al fastidio estetico di avere una cute e capelli sempre oleosi e lucidi, l’iperseborrea è spesso accompagnata da fenomeni irritativi, arrossamenti, prurito, formazione di comedoni pertanto il trattamento si impone non solo per motivi cosmetici, ma anche più strettamente medici. Spesso chi soffre di dermatite seborroica o di iperseborrea tende istintivamente ad allontanare l’eccesso di sebo o di squame meccanicamente con lavaggi frequenti e utilizzando prodotti aggressivi, questo comportamento oltre a non risolvere il problema di base, può determinare un peggioramento essendo questo tipo di cute più sensibile. Esistono in commercio numerosi prodotti (cosiddetti sgrassanti) che per le loro caratteristiche aumentano l’irritazione e sono spesso mal tollerati. Pertanto la detersione dovrebbe esser fatta con sostanze delicate non aggressive che agiscano per affinità e non per contrasto. È importante valutare accuratamente la terapia da instaurare sulla base della gravità e dell’estensione clinica variandola da soggetto a soggetto. In generale la terapia della dermatite seborroica può essere sia topica che sistemica. Il trattamento topico rappresenta un primo valido approccio, in particolare per le forme localizzate. Sono oggi disponibili agenti come gli antimicotici, i cheratolitici, gli steroidi, l’isotretinoina, gli ultravioletti (PUVA e UVB a banda stretta) e le vitamine (biotina, vitamina E, vitamina B6). Recentemente sono state introdotte anche molecole ad attività antiossidante, antinfiammatoria e seboregolatrice. Il trattamento della dermatite seborroica non può essere limitato all’uso di un unico medicamento, ma spesso bisogna ricorrere a più di uno per far fronte alle differenti manifestazioni cliniche della condizione e per gli effetti collaterali che si avrebbero se si utilizzassero cronicamente alcune sostanze. I principali antimicotici utilizzati nella terapia della dermatite seborroica per la loro duplice azione antimicotica e antinfiammatoria sono: i derivati azolici a loro volta distinti in imidazolici (bifonazolo, clotrimazolo, fenticonazolo, ketoconazolo, miconazolo, omoconazolo) e triazolici (fluconazolo, itraconazolo), le allilamine (terbinafina) e i piridoni (ciclopiroxolamina). Altri presidi terapeutici possono essere i retinoidi orali e topici (isotretinoina e adapalene). Possono essere utili anche i corticosteroidi topici, i fitosteroli, l’acido azelaico, lo zinco piritione, il selenio solfuro, la sodio-sulfacetamide topica. Le nuove molecole ad attività seboregolatrice utilizzate sono: la biotina, la niacina, l’acido salicilico, i composti contenenti zolfo, l’acido pantotenico, il sodioacetato, l’acido lattico, i sali di quicirrizina, i catrami, la cistina e l’acido tannico. Infine, vengono utilizzati opacizzanti o adsorbenti (il biossido di titanio, gli amidi, il caolino, il talco, il silicato di alluminio, il silicato di magnesio, l’ossido di zinco, l’ossido di magnesio, la bentonite) che permettono di assorbire l’oleosità in eccesso opacizzando la superficie cutanea, riunendo così un aspetto funzionale a uno più puramente cosmetico. L’associazione per uso topico di fluralglucitolo, acido 18-β glicirretico, α-bisabolo e allantoina determina una remissione delle lesioni allontanando le recidive senza effetti collaterali. Il fluralglucitolo è un antiossidante ad attività anti-infiammatoria. L’acido 18-β glicirretico ha un effetto antiflogistico in quanto inibisce la liberazione di istamina, serotonina e bradichinina. L’α-bisabololo svolge un’azione lenitiva. L’allantoina provoca un blando peeling superficiale favorendo così una migliore penetrazione della crema e dei suoi principi attivi. Nelle forme acute con squame molto spesse sono utili gli agenti cheratolitici e nelle forme molto eritematose è preferibile utilizzare gli steroidi topici, con moderazione e per un periodo di tempo limitato, infatti i cheratolitici possono aumentare la seborrea poiché gli strati più superficiali dello strato corneo regolano il contenuto lipidico dell’epidermide, invece, gli steroidi possono causare la dermatite granulomatosa periorifiziale, con formazione di papule e pustole soprattutto periorali e peripalpebrali. I seboregolatori sono sostanze con meccanismi ancora poco conosciuti la loro efficacia non è sempre comprovata e alcuni di essi (acido salicilico) possono indurre fenomeni irritativi su una cute già sensibile. Questi sono: acido pantotenico, sodioacetato, acido salicilico, acido lattico, sali glicirrizina, zolfo, catrami, cistina e acido tannico. Tra le più usate è sicuramente lo zolfo, infatti esso esplica un’azione antiparassitaria, antipruriginosa, cheratolitica e cheratoplastica. Purtroppo ha un odore sgradevole e deve essere usato con cautela per i suoi effetti irritativi. Tra i suoi derivati c’è il selenio disolfuro, utilizzato spesso come prodotto deforforante; anch’esso presenta potere irritante, i catrami (polifenoli, alcoli ad alto peso molecolare, acidi, esteri, chetoni cere e idrocarburi) possiedono anche attività astringente, seboregolatrice, antipruriginosa, antisettica e riducono il turnover cellulare. Risulta utile la somministrazione di integratori a base di metionina, α-tocoferolo e selenio associati ad una dieta ricca di acidi polinsaturi (carni rosse, fegato, vegetali ricchi di acido linoleico). In generale, quindi, un preparato antiseborroico ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: eliminare l’eccesso di sebo senza essere tossico, troppo aggressivo o troppo astringente, e contenere elementi che regolarizzino la sintesi lipidica e la differenziazione cellulare sedando così il prurito. Non vanno però trascurati alcuni fattori come quelli emozionali e nutrizionali che comunque vanno corretti.
BIBLIOGRAFIA